CANNABIS E GUIDA
La centralità dell’elemento soggettivo e le prospettive applicative

I. Introduzione
E’ evidente come la diffusione a livello globale del processo di regolamentazione e legalizzazione della cannabis comporti nuovi approcci e considerazioni sulle tematiche della cannabis e del suo consumo.
Se da un lato vi sono infatti alcuni Paesi che hanno legalizzato l’utilizzo della cannabis per uso ricreativo (Canada e molti Stati degli USA in primis), dall’altro vi sono Paesi in cui il possesso per consumo personale è sanzionato a livello amministrativo (la maggioranza dei Paesi UE) ed alcuni in cui è invece è sanzionato penalmente anche il semplice consumo.
A prescindere dal livello di regolamentazione della cannabis, si può dire che un aspetto comune a tutti i Paesi è sanzionabilità in ambito penale ed amministrativo della guida sotto effetto di cannabis.

II. La guida sotto effetto di cannabis
Analizzando la fattispecie si può evidenziare come essa sia determinata da due fattori: un elemento soggettivo, ossia la condizione ed il comportamento del conducente al momento dell’accertamento ed un elemento oggettivo, ossia il dato analitico (la positività alla cannabis) risultante dagli esami a cui il conducente è stato sottoposto a seguito dell’accertamento.
Per un corretto esame della questione occorre innanzitutto comprendere le caratteristiche e le qualità della cannabis e dei principi attivi nella medesima contenuti.
La cannabis contiene infatti più di 400 composti, tra cui circa 80 cannabinoidi noti, di cui i principali sono il Delta-9-tetraidrocannabinolo (“THC”, responsabile degli effetti a livello del Sistema Nervoso Centrale) e il Cannabidiolo (“CBD”, ad effetto periferico, prevalentemente sul sistema immunitario, sulla modulazione infiammatoria con effetto psicotropo assente).
La cannabis è ad oggi inserita nella tabella I della Single Convention on Narcotic Drugs del 1961 (“SC”) a seguito della rimozione dalla tabella IV avvenuta nel 2021.
Gli studi scientifici hanno rilevato come gli effetti dell’assunzione di cannabis siano influenzati da una pluralità di fattori.
E’ ragionevole affermare che tracce di THC possono essere rilevate fino a 7 giorni dopo l’assunzione nel sangue, fino a 30 giorni nelle urine ed addirittura per mesi nei capelli.
Tali variabili sono a loro volta correlate da un lato alle modalità, qualità e quantità della cannabis assunta e, dall’altro, alla soggettività dell’assuntore (età, peso, abitualità o occasionalità del consumo, concomitanza dell’assunzione di altre sostanze) .
Appare pertanto facilmente intuibile come tali fattori possono incidere anche sulle valutazioni connesse all’elemento soggettivo ed oggettivo della guida sotto effetto di cannabis.

III. L’elemento oggettivo
E’ evidente come ciascuna ipotesi di guida sotto effetto di cannabis si fondi sul dato analitico secondo cui un soggetto è risultato “positivo” ad un test condotto normalmente sul sangue a seguito di un controllo mentre si trovava alla guida.
Il dato analitico (la “positività”), però, per le peculiari caratteristiche della cannabis, non può essere inteso come assoluto per integrare la fattispecie in esame.
Se da un lato, infatti, la positività rappresenta senz’altro una prova dell’assunzione di cannabis, dall’altro non costituisce prova che il soggetto fosse ancora sotto l’effetto psicotropo prodotto dall’assunzione al momento dell’accertamento.
Nei Paesi più evoluti a livello regolamentare (USA e Canada in primis) si è cercato di individuare un dato ponderale assoluto che fosse in grado di rappresentare la soglia oltre la quale si potesse considerare un soggetto sotto l’effetto psicotropo conseguente all’assunzione di cannabis e, pertanto, per quanto di interesse, che rappresentasse una prova della compromissione della guida: 1, 2 o 5 mg/L di concentrazione nel sangue o nel plasma .
A ciò occorre aggiungere come si debbano considerare anche altri fattori. Gli effetti psicotropi del THC, infatti, si riducono dopo un certo lasso di tempo dall’assunzione ed anche questo fattore è variabile a seconda della tipologia dell’assuntore .
In particolare lo studio ha dimostrato come il THC diminuisca mediamente del 74% dopo 1 ora e mezzo e del 90% dopo 1 ora e 40 minuti dopo l’assunzione per cui in caso di prelievo ematico ritardato dopo la guida la concentrazione di THC si riduce in maniera evidente. A tal proposito occorre sempre considerare che tra il momento della guida ed il momento dell’accertamento intercorrerà sempre un certo lasso di tempo (negli USA tra 1,4 e 4 ore).
Tali studi hanno dimostrato quindi come un dato ponderale assoluto non possa essere considerato attendibile in quanto vi sono notevoli differenze in base alla tipologia di assunzione (qualità della cannabis assunta), alle modalità della stessa (combustione, inalazione, ingestione) ed alla soggettività dell’assuntore che rendono il dato analitico inapplicabile in maniera uniforme a tutti i casi.
Si può pertanto concludere come la positività ai cannabinoidi rilevata nel sangue non possa rappresentare di per sé prova sufficiente per integrare la fattispecie di guida sotto l’effetto di cannabis, ma occorrerà sempre e comunque verificare anche l’elemento soggettivo.

IV. L’elemento soggettivo
Per le considerazioni che precedono appare evidente come l’elemento centrale della fattispecie in commento è lo stato in cui si trova il conducente al momento del controllo ed il comportamento del medesimo.
Trattandosi di un elemento soggettivo emergono pertanto tutta una serie di problematiche che, a prescindere dalle differenze legislative e dalla differente regolamentazione in materia di cannabis, finiscono per ricadere sull’agente accertatore.
Occorre infatti ricordare che per la sussistenza del reato di guida sotto effetto di stupefacenti è necessario che il conducente versi effettivamente in tale stato al momento dell’accertamento.
Più semplicemente: il reato di guida sotto l’effetto di stupefacenti non punisce chi ha assunto sostanze stupefacenti ma chi guida in stato di alterazione causato dall’assunzione di tali sostanze.
Sull’argomento è possibile richiamare alcune pronunce di legittimità che delineano in maniera piuttosto chiara i contorni della tematica in discussione (ossia della configurabilità del reato di cui all’art. 187 C.d.S. che punisce la guida sotto effetto di sostanze stupefacenti):
– “Ai fini della configurabilità del reato di cui all’art. 187 C.d.S., comma 1, non è sufficiente che l’agente si sia posto alla guida del veicolo subito dopo aver assunto droghe ma è necessario che egli abbia guidato in stato di alterazione causato da tale assunzione” (v. Cass. Sez. IV penale, n. 39160 del 15/05/2013 – dep. 23/09/2013, P.G. in proc. Braccini, Rv. 256830).
– “il reato in parola non è integrato dalla mera condotta di guida da parte di colui che in precedenza abbia assunto sostanza stupefacente, risultando piuttosto costituito dalla guida in stato di alterazione psico-fisica derivante dall’assunzione di simili sostanze. Ciò richiede non soltanto l’accertamento del dato storico dell’avvenuto uso di esse ma anche quello dell’influenza sulle condizioni psico-fisiche dell’assuntore durante il tempo della guida del veicolo” (v. Cass., sez IV penale, 20.03.2019 n. 12409, Pres. Piccialli, Est. Doveri).
Tale orientamento viene di fatto recepito anche dai Tribunali di merito chiamati a valutare la sussistenza o meno del reato di cui all’art. 187 C.d.S..
L’attenzione si sposta pertanto sul comportamento del conducente ed a tal fine rileva la valutazione degli indici di sobrietà del medesimo, che negli USA stanno trovando una loro valorizzazione anche in ambito forense .
Anche sull’elemento soggettivo assume carattere centrale la valutazione soggettiva del conducente e, come per l’elemento oggettivo, le differenze tra consumatori abituali o occasionali.
Dai dati emersi in un recente studio dopo circa 4/5 ore dall’assunzione un consumatore abituale di cannabis non presentava un’alterazione alla guida diversa da chi aveva assunto un prodotto ad effetto placebo.
Da ciò si può dedurre che quando i consumatori abituali di cannabis controllano la propria assunzione non è automatica la compromissione in base al contenuto di THC o alle concentrazioni ematiche.
Anche in ambito legale diventano pertanto estremamente rilevanti gli elementi indiziari rilevati dagli agenti accertatori e dal personale sanitario.
Per cui in tutti quei casi in cui gli agenti accertatori o il personale sanitario non abbiano riscontrato (e verbalizzato) elementi che possano determinare una compromissione della capacità di condurre il veicolo, appare evidente come non potremo mai essere in presenza di un elemento soggettivo tale da poter integrare il reato di guida sotto effetto di cannabis, a prescindere dai risultati ematici.
Volendo semplificare aver assunto cannabis (e risultare quindi positivi al narcotest) non è necessariamente sinonimo di guida sotto effetti di stupefacenti.

V. Le implicazioni sulla patente di guida.
Se in ambito penale i principi sopra riassunti trovano consolidata applicazione ai fini dell’esclusione del reato di cui all’art. 187 C.d.S., è in ambito amministrativo che permangono le problematiche maggiori.
Quando viene riscontrata la positività alla cannabis di un conducente parallelamente all’apertura del procedimento penale si apre anche il procedimento amministrativo inerente alla patente di guida.
Ricevuta la notizia di reato, infatti, la Prefettura emette in via cautelare il provvedimento di sospensione della patente di guida.
Con tale provvedimento viene altresì disposto l’accertamento dell’idoneità psico-fisica alla guida del conducente risultato positivo alla cannabis ai sensi dell’art. 119, c. 4, C.d.S.
Il provvedimento prefettizio persegue una ratio di tutela dell’ordine pubblico e della pubblica incolumità e, di fatto, segue in automatico la notizia di reato conseguente alla positività alla cannabis riscontrata nel conducente e viene qualificato come “atto dovuto ed anticipatorio giudizio penale”.
Le vere problematiche si verificano nella prassi applicativa in quanto il conducente risultato positivo alla cannabis dovrà da un lato attendere le tempistiche del procedimento penale e, dall’altro, si troverà immediatamente privato della patente di guida che potrà riottenere a seguito della verifica dell’idoneità psico-fisica alla guida, ossia ottenendo il certificato di idoneità presso la commissione medica locale patenti, la quale subordina il rilascio di tale certificato all’esecuzione di un analisi (nella maggior parte dei casi di un test tricologico) che attesti la negatività agli stupefacenti.
Nella prassi si genera pertanto un contrasto tra il procedimento penale finalizzato all’accertamento dell’esistenza del reato ed il procedimento amministrativo finalizzato a tutelare le esigenze di tutela dell’ordine pubblico e della pubblica incolumità.
E’ evidente in ogni caso che il procedimento amministrativo tragga origine dalla rilevazione della notizia di reato (ossia in sostanza dalla positività alla cannabis del conducente), la quale però per sussistere deve tenere in considerazione gli elementi di cui sopra.
Alcuna esigenza alla base della revisione della patente di guida può infatti sussistere per un soggetto che non si trovava alla guida sotto gli effetti psicotropi conseguenti all’assunzione di cannabis.
Purtroppo sussiste ancora una forte discrasia tra previsione normativa e prassi applicativa il che determina interpretazioni ed implicazioni difformi da caso a caso stante l’oscillazione degli orientamenti dei vari Uffici del Giudice di Pace sul territorio nazionale (oltre 800 sedi e più di 2000 giudici di pace) dove talvolta la vicenda viene connotata anche da pregiudizi ed approcci proibizionistici che niente dovrebbero avere a che fare con la fattispecie.
In considerazione di quanto sopra diventa di estrema rilevanza per il conducente positivo alla cannabis disporre di una assistenza tecnica e legale specialistica per andare oltre al mero dato analitico della positività alla cannabis sia in sede penale sia in sede amministrativa (Giudice di Pace e Commissione medica locale).

VI. Formazione, informazione ed educazione.
Dalle considerazioni che precedono emerge, ancora una volta per la materia della cannabis, la corretta valutazione degli aspetti scientifici in ambito legale anche mutuati dall’esperienza nord americana.
Da ciò si dovrebbe dedurre che l’unico elemento che deve (o dovrebbe) essere preso in considerazione ai fini della configurabilità o meno del reato è quello soggettivo.
Se il conducente non presenta una sintomatologia obiettiva tale da evidenziare la propria compromissione della capacità di guida (es. incapacità di condurre il veicolo in maniera rettilinea, disforia, violazione di regole della strada, responsabilità nella causazione di incidenti ecc.) appare superfluo anche sottoporre il conducente al prelievo ematico in quanto esso da solo non assume alcuna rilevanza ai fini della configurabilità del reato.
Tale modalità operativa dovrebbe senz’altro rappresentare la prassi in caso di esibizione da parte del conducente di certificato attestante l’uso medico di cannabis (nei Paesi ovviamente in cui tale uso è regolamentato), ma si dovrebbe estendere più in generale in tutti i casi – o quantomeno in caso di controlli ordinari – dove non si è verificato alcun incidente stradale causato da infrazioni stradali.
Ciò anche in considerazione delle enormi conseguenze che un reato di guida sotto l’effetto di sostanze stupefacenti può determinare in ambito risarcitorio civilistico (mancato risarcimento, rivalsa della Compagnia assicurativa ecc.).
Data la preminenza dell’elemento soggettivo appare manifesto come la discrezionalità dell’agente accertatore assuma una rilevanza centrale.
In tale prospettiva esso dovrebbe essere in possesso di una corretta formazione operativa in modo da disporre degli strumenti valutativi idonei per la corretta valutazione del caso onde evitare che venga indotto a rimettere ogni valutazione alle risultanze delle analisi ematici.
Assume pertanto la necessità di un percorso formativo/informativo/educativo destinato alle Forze dell’Ordine da un lato, ma anche ai conducenti assuntori di cannabis dall’altro, i quali, come dimostrato dai recenti studi americani, devono essere consapevoli del proprio stato psico-fisico nel momento in cui si mettono alla guida.
In questa prospettiva appare pertanto auspicabile che la cannabis segua il medesimo percorso formativo ed educativo che è stato applicato all’alcool e che ha portato ad una netta riduzione degli incidenti e delle vittime stradali.
Ciò anche nell’ottica di una progressiva “normalizzazione” del consumo di cannabis e di integrazione del medesimo nel tessuto sociale dal momento che, a prescindere dalla sostanza assunta (cannabis, alcol o farmaci), ciò che rileva alla guida è essere in grado o meno di guidare.